Lusso: Parigi in testa ma Milano avanza


Corriere della Sera – L’Economia – 13 marzo 2017 –

INDUSTRIA – LE STRATEGIE DELLA MODA

Lusso: Parigi in testa ma Milano avanza
La capitale francese si conferma al primo posto per sfilate ma ne perde cinque. Il capoluogo lombardo cresce. Analisi Bcg

Due domeniche fa, a Parigi, un momento pioveva e quello dopo soleggiava, mettendo così alla prova l’organizzazione, faticosa, delle sfilate. Con il centro città praticamente chiuso, compresi (con poche eccezioni) i grandi negozi di quella moda che in quelle stesse ore mandavano in passerella le loro nuove collezioni. Ma la domenica è domenica a Parigi, che ci sia o non ci sia la settimana del fashion. E la capitale francese si è confermata la regina dell’ultima, lunga, stagione di moda femminile, iniziata a Londra, poi passata a New York, per arrivare a Milano e terminare appunto a Parigi.

«Ancora Parigi», rispondono gli addetti ai lavori quando si chiede quale sia oggi «la» città della moda in un momento in cui sta cambiando il volto mondiale del settore. Ma Milano la tallona, aggiungono.

I numeri

Aveva fatto scalpore un paio di anni fa uno studio realizzato da Boston Consulting Group, per conto del Ministero dello Sviluppo Economico, in cui si mettevano a confronto i quattro principali sistemi – Usa, UK, Italia e Francia – e che faceva vedere il grande crollo delle sfilate milanesi. Dati che non erano piaciuti a tutti, ma che avevano avuto un effetto «sveglia», convincendo un settore estremamente creativo, e altrettanto frammentato, a mettersi insieme. A parlare con una voce sola. Finalmente. E, così, ecco la firma di un Tavolo della moda ed ecco il prossimo appuntamento di settembre che vedrà diventare Milano la grande capitale della moda mondiale. Ma torniamo ai numeri.

L’Economia ha chiesto a Boston Consulting di aggiornare quello studio soffermandosi solo sulle ultime sfilate (senza prendere in considerazione le presentazioni statiche).

Il risultato lo vedete nel grafico. Tra Londra, Milano e Parigi solo Milano recupera una sfilata, mentre Parigi e Londra ne perdono cinque ciascuna, con Parigi che riduce anche di un giorno la sua fashion week (che, però, resta la più lunga: 8 giorni contro i 6 di Milano e i 5 di Londra).

«Al di là del numero di sfilate – dice Nicola Pianon, senior partner e managing director di Boston Consulting Group – c’è anche un tema di qualità di brand da non sottovalutare». Per questo Bcg ha preso in esame, tra i marchi che sfilano, quelli che fatturano più di 500 milioni: guida Parigi con 9, la tallona Milano con 8, segue Londra con un solo brand oltre quella soglia (Burberry). Manca un soffio per riprendere Parigi. Meglio, siamo già Pari se ci si mette Dolce & Gabbana che sfila fuori calendario ufficiale della Camera della moda su cui è stata fatta l’analisi.

La situazione, insomma, si è normalizzata rispetto al precedente studio. «C’eravamo accorti – dice Pianon, che insieme a Federico Bonelli, principal di Bcg, ha curato le analisi – che il sistema italiano a causa della sua frammentazione perdeva di efficienza rispetto a quello francese, dominato da tre grandi player come Lvmh, Kering e Chanel; e anche rispetto al sistema americano e inglese che, partiti da una pagina bianca, hanno creato una struttura accentrata efficiente, assunto manager capaci e fatto un grande lavoro di visibilità, pur non avendo in origine una ricchezza di proposte. L’obiettivo della prima analisi era quello di far vedere la situazione per evitare di non sperperare soldi pubblici dati a pioggia e creare, invece, un’unica cabina di regia. Le fashion week si collocavano all’interno di questo ragionamento».

Mercati

Certo se si guarda Milano è ancora lontana dai periodi più fecondi, quando aveva oltre 80 sfilate. «Molte variazioni riguardano brand piccoli, le sfilate costano e se un marchio non ha massa critica il costo può diventare insostenibile». Ma va detto che tutto il settore sta cambiando. I mercati sono diversi e difficili, non c’è più spazio per tutti, i consumatori sono veloci e superinformati. Così le strategie variano, c’è chi sfila donna e uomo insieme (anche questo è un motivo riduzione delle sfilate), chi mette in vendita ciò che ha appena fatto vedere in passerella.

«La sfilata – dice Giovanna Brambilla, amministratrice delegata di Value Search, non è più solo un esercizio creativo ma deve essere ben industrializzata per poter vendere, oltre che creare l’immagine del brand».

Il cambiamento è forte. E le fashion week non ne sono immuni. Il presidente della Camera della moda italiana, Carlo Capasa, ha esplicitato l’idea di anticipare l’edizione estiva delle sfilate a luglio, «ma non possiamo decidere da soli». È tempo di mettere mano al calendario. Anche perché piazze nuove si affacciano. Agguerrite.

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Maria Silvia Sacchi