Corriere della Sera – 29 marzo 2017 –
La disoccupazione tra i giovani viaggia intorno al 40%. Era meno della metà solo dieci anni fa, nel marzo del 2007, poco prima che la mina dei mutui «subprime» innescasse la «grande crisi». La corsa alle assunzioni è più serrata che mai, almeno da diversi decenni. Ecco quindi alcuni spunti che possono aiutare chi si affaccia sul mercato del lavoro, a cominciare dal curriculum vitae, salito in questi giorni agli onori delle cronache politiche. Controcorrente rispetto alla crisi, negli ultimi anni, a fronte di un’offerta di posti di lavoro più contenuta, i canali per comunicare e conoscere le assunzioni sul mercato si sono moltiplicati. A fianco delle tradizionali inserzioni delle aziende e delle ricerche delle società di selezione o «executive search», fioriscono per esempio i «career day» (giornate di colloqui) delle università, le iniziative scuola-lavoro, le applicazioni e i siti Internet dedicati.
L’autopresentazione
Due pagine per spiegare chi siamo e cosa facciamo, citando hobby e passioni
Il curriculum vitae è il nostro biglietto da visita: deve dire chi siamo e le competenze che abbiamo sviluppato. Deve essere schematico e di facile lettura, ma al tempo stesso esaustivo nei risultati conseguiti. Deve anche parlare di noi, quindi contenere una parte di personalizzazione. Perché non specificare se abbiamo passioni o hobby, o se ci occupiamo di attività di volontariato? Siamo noi come persone e non solo professionisti». Le parole sono di Giovanna Brambilla, partner e amministratrice delegata di Value Search, società di ricerca di manager. Le sue considerazioni valgono a 25 anni per uno stage come a 45 per diventare dirigente. Anche nei dettagli. Che cosa vuol dire, quindi, «di facile lettura»? «Il curriculum — spiega Brambilla — non sia di quattro o cinque pagine, ma una o due, preceduto da una lettera di presentazione che spieghi le motivazioni della candidatura e le aspettative per il ruolo». Che cosa, invece, il curriculum non deve contenere? «Le sbrodolature, tutto quanto non è rilevante ai fini del racconto del contributo all’interno di un’esperienza professionale» o di quanto di importante si abbia imparato a un corso. Perché il «cv» — su carta o a video — non è uno specchio su cui contemplarsi, ma uno strumento per catturare l’attenzione di chi assume e spesso non ha molto tempo.
Le conoscenze
Conta crearsi una rete anche con il volontariato in autoambulanza
Che cosa hanno in comune il giornalino della scuola, un’associazione studentesca, il volontariato in ambulanza e l’organizzazione di un torneo sportivo? Due parole: fanno curriculum. Sembrano attività lontane dal mondo del lavoro, ma raccontano molto di come una persona possa poi comportarsi in fabbrica o in ufficio. Nello specifico: il volontariato in ambulanza non aiuta solo gli altri, ma anche se stessi a fronteggiare le emergenze e i potenziali datori di lavoro a capire che, forse, sono di fronte alla persona giusta.
Guidare un’associazione, mettere in piedi un torneo o esercitarsi a raccontare piccoli fatti vanno nella stessa direzione, tra doti di leadership e abilità organizzative. Per questo coltivare l’«extra curriculum» (e metterlo nel curriculum) può servire molto. Anche da un punto di vista di «rete». Chiamiamolo calcetto, relazioni, conoscenze o altro, resta il fatto che — piaccia o no — spesso «fare network» aiuta. Ma fortunatamente non basta (tranne nei casi dove la meritocrazia va direttamente in soffitta). L’impostazione giusta, sottolineano i cacciatori di teste, è farsi conoscere per avere la possibilità di dimostrare quanto si vale, o per allargare il proprio network cui attingere quando si ha bisogno di pareri professionali da chi magari ha più esperienza. Così le conoscenze non significano raccomandazioni.
Il coinvolgimento
Formazione e entusiasmo per poter rispondere alle esigenze delle aziende
Per i più fortunati la strada della formazione è una sola, perché passioni e esigenze del mercato coincidono. È il caso dei profili ad alta specializzazione tecnologica. Ma spesso non è così, la passione va da una parte e le aziende guardano in altre direzioni. Così chi deve scegliere l’indirizzo formativo (scolastico, universitario e così via) si trova di fronte a un bivio: premiare i propri interessi o cercare un compromesso con le richieste del mercato, nella speranza che questo aiuti a trovare un lavoro? Naturalmente non esiste una risposta univoca e valida a 360 gradi. Ma le aziende stanno cambiando atteggiamento nel loro approccio sulla questione. «La passione — spiega Brambilla — sta diventando un tema molto importante. A fronte di situazioni instabili e contesti che cambiano, la passione diventa un elemento su cui le aziende contano molto. Sanno bene chi scegliere tra un manager “asettico” e uno che riesce a fare squadra: un “capitano” che ci mette passione ed energia fa la differenza. Portarsi a bordo una squadra appassionata è un elemento discriminante. L’anima sta diventando qualcosa su cui le aziende sono tornate a rifocalizzare l’attenzione. E il discorso vale anche per gli stagisti». Qualche esempio? Dalle risorse umane al commerciale, sono tanti i laureati in materie umanistiche che hanno poi fatto carriera.
L’informazione
Giornali, tv, Internet: per affrontare i colloqui lo studio non basta
«Gentile candidato, l’azienda per la quale sta facendo un colloquio ha appena aperto una filiale a Raqqa, in Medio Oriente. Sarebbe disponibile a raggiungere in loco la collega che guida il nuovo ufficio?». La domanda, posta a un colloquio in azienda, ha ricevuto come risposta un entusiasta «sì» davanti a un decisamente attonito selezionatore. Il quale ha poi dovuto spiegare al candidato che Raqqa è la roccaforte dello Stato Islamico, è in guerra ed è praticamente inaccessibile.
Insomma, competenze tecniche, volontariato, network, sport e hobby non bastano. Non solo formazione, ma anche informazione. È la cosiddetta «preparazione a 360 gradi» che cercano molte imprese: un candidato che, oltre a sapersi relazionare con gli altri, sappia anche relazionarsi con il mondo, informandosi su quello che sta succedendo intorno a lui, vicino e lontano. Giornali, telegiornali, radio, siti Internet, applicazioni, social network o discussioni tra amici: tutti modi per informarsi e non «cascare dal pero». Anche così, però, può non bastare. Per «bucare il video» al colloquio è importante anche sapersi distinguere. Per questo, fin da giovanissimi, è utile puntare su qualcosa di specifico e particolare. Come studiare un’altra lingua oltre all’inglese o accelerare sull’informatica. Perché «tutto fa curriculum».
Giovanni Stringa