Value Search: credential check nell’era dell’identità digitale


Zerouno – 25 ottobre 2013 –

Nello scegliere nuove risorse, oggi è pratica comune verificare il profilo dei candidati su Internet e social media. Ma cosa vogliono sapere le aziende italiane e internazionali che ricercano figure di alto livello? L’esperienza di un’azienda specializzata nella ricerca di profili executive.

Nella fase di selezione di nuove risorse, è ormai prassi diffusa, per molti uffici del personale, navigare in Internet con l’obiettivo di ricostruire il ‘volto digitale’ del candidato, che andrà ad affiancare l’immagine presentata dallo stesso aspirante durante i colloqui di lavoro e i canali di comunicazione più tradizionali, influenzando la scelta a volte in modo determinante.

Ne abbiamo parlato con Giovanna Brambilla  e Caterina Tortorella , rispettivamente amministratore delegato e practice leader per il settore It/Tlc di Value Search, società di executive search che ricerca figure di alto profilo sul mercato italiano e internazionale. “È necessario fare molta attenzione alle tracce che si disseminano sul digitale – ha detto Brambilla  -. Sempre più aziende ci chiedono infatti di ricostruire non solo la storia professionale dei candidati – il che può essere effettuato sulla base di curricula e colloqui diretti -, ma anche il loro profilo digitale, quello cioè tracciato dalle informazioni presenti in rete, spesso pubblicate direttamente dal candidato sui social network”.

Non solo: “Alcuni illustri clienti – prosegue Brambilla – ci hanno richiesto esplicitamente quali sistemi utilizziamo per effettuare credential check [da intendersi come il controllo delle informazioni rilasciate dai candidati in rete col fine di verificarne la veridicità, ndr]”. Una richiesta che, come spiega l’amministratore delegato, da un lato ribadisce l’interesse crescente per la mappatura delle informazioni rintracciabili su social network, blog e rete in generale, ma che dall’altro racconta della necessità, una volta mappata questa identità digitale, di andare al di là di questo stesso volto, di metterlo in discussione: quanto sono attendibili queste informazioni? Quanto raccontano del reale valore professionale di un candidato? “Si tratta, così abbiamo ribattezzato il tema, di ‘andare oltre lo specchio di Alice’ – afferma Brambilla -, cioè di superare l’immagine digitale, capire cosa c’è al di là, conoscere i vari volti che il web offre di uno stesso candidato (creati dal riflesso della sua immagine in più ‘specchi digitali’) e quindi studiarli per poi superarli, per capire qual è la persona”.

Se il problema delle aziende è dunque quello di scoprire che verità c’è dietro lo ‘specchio di Alice’, quello dei candidati è essere consapevoli che pure questo specchio esiste ed è oggetto di analisi. “Internet crea degli effetti paradosso – racconta Tortorella  -. Ad esempio, se un candidato si dichiara fortemente interessato a una posizione in un’azienda produttrice di armi e allo stesso tempo si dichiara buddhista e contrario all’uso della violenza, il mio imbarazzo è forte: si tratta di dati sensibili resi pubblici dal candidato stesso, il quale mi ha anche autorizzato al loro utilizzo. Come devo gestirli? Come devo presentare queste informazioni al mio cliente?”. Si è molto parlato di tutela della privacy in rapporto ai dati personali sul web e alle violazioni che possono essere fatte da parte dei governi, per ragioni di sicurezza, o delle aziende, per finalità commerciali. Ma esiste appunto un’altra riflessione: “Il paradosso – conclude Tortorella – è che gli stessi candidati, lasciando queste tracce sul digitale, ‘confliggono’ con la propria privacy”: anche in casi meno eclatanti di quello citato, la poca coscienza dell’attenzione posta sull’identità digitale può rendere l’utente, in fase di ricerca di lavoro, il “peggior nemico di se stesso”.

Valentina Buc