Da Simons a Slimane (forse). Velocità e nuovi consumi spingono a rinnovare


Corriere Economia – 18 Gennaio 2016

Se anche Hedi Slimane, come si dice sul mercato, lascerà la direzione creativa di Yves Saint Laurent, forse è venuto il momento di fare una riflessione in più.

Negli ultimi mesi alcuni dei maggiori marchi francesi hanno vissuto un avvicendamento alla guida creativa. In Dior, di proprietà del gruppo Lvmh, è uscito Raf Simons: in Lanvin (oggi di proprietà della miliardaria Cinese Shaw Lang Wang) Alber Elnaz; ora si parla di Ysl, brand di Kering. Passaggi di consegne sono normalità nella vita delle aziende se non fosse che oggi il contesto e divenuto estremamente competitivo e sembra chiedere una risposta nuova e diversa da parte delle maison.

Non è probabilmente un caso che né Dior né Lanvin abbiano ancora annunciato.  il nuovo stilista nonostante gli addii risalgano a ottobre scorso. Mesi in cui molti sono stati i rumor sui possibili sostituti: la stampa più recente ha riportato
l’ipotesi di Sarah Burton, attuale direttore creativo di Alexander McQueen, per Dior e di Erdem Moralioglu per Lanvin. Né Simons né, se sarà confermato, soprattutto Slimane sono «designer in perdita» ma, al contrario, fautori di successo per i brand.

«Le maison sono sempre meno legate alla personalità e alla genialità dei creativi e sempre più al business, anche se senza la creatività viene meno lo spirito e l’unicità di un marchio. Un punto di equilibrio molto difficile da tenere – dice Giovanna Brambilla, amministratrice delegata di Value Search, società di executive search con una forte competenza e focus su moda e lusso a livello internazionale -: da una parte il mercato chiede sempre nuova creatività, ed è come se non bastasse mai; dall’altra sono necessari un grande senso del business, una macchina e un management di alto profilo e visione che traducano questa creatività in risultati. Forse è il momento in cui tutto il modello deve essere rimesso in discussione».

È quello che sta facendo – rimettere in discussione il modello – la Camera della moda americana, che ha commissionato a Boston consulting group uno studio ad hoc. «È l’effetto di più avvenimenti insieme – prosegue Brambilla -. Di mercati che non stanno crescendo com’era nelle aspettative. Di un approccio e di una cultura del lusso che è diventata più democratica con il digitale, per cui oggi è difficile mantenere il senso di esclusività che è insito nel concetto di lusso.

Di un cambiamento dei consumatori, che vuole oggi, subito, ciò che ha appena visto sfilare ma che nelle vetrine sarà disponibile un anno dopo. Finora – conclude – anziché rivedere il modello, si è chiesto alle aziende di essere sempre più veloci, più creative, più, più, più … ».

Una pressione eccessiva sulla creatività. Proprio quella che ha portato Simons a lasciare Dior per concentrarsi sulla propria linea «Quando fai sei sfilate all’anno, non c’è tempo per l’intero processo – aveva detto in una intervista a The Cut -. Non hai il tempo di incubazione delle idee e il tempo di incubazione è molto importante».